“We will find a way”: Stories of Afghan refugees in Europe

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“We will find a way”: Stories of Afghan refugees in Europe

Today we are publishing the third and last episode of the stories of four Afghan women and men who the Mixed Migration Centre (MMC) has been following since their evacuation from Afghanistan to Italy in August 2021, following the Taliban takeover.

The aim of this series was to keep a spotlight on Afghans, to better understand and share their journeys, their experiences in accessing asylum or other forms of humanitarian protection, the perceptions, challenges, and opportunities in their socio-economic integration paths in countries of asylum, as well as their future aspirations and intentions. The first round of interviews was conducted between October and November 2021 and the second round between March and April 2022. In this article, we present the last round of interviews, with four out of the five initial respondents, conducted in August and September 2022.  One of them, meanwhile, moved to Germany.

After one year, it is clear that the individuals we have been following are success stories: it took determination, strength, commitment, and also a lot of adaptation and flexibility, but just over one year after they left Afghanistan all of them managed to be now on a solid path towards rebuilding their lives, which is really impressive. All of them received support from government authorities and institutions, and acknowledged that none of what they achieved would have been possible without this help. To different extents, all participants felt welcome in Europe and some already describe feeling part of their host societies. Their stories are examples of how fast refugees can bounce back, from vulnerable asylum seekers to agents of their own future, if the right conditions are set.

At the same time, we have to acknowledge that the people we have been following are the relatively lucky ones compared to many other Afghans, certainly among the most privileged of those who fled. Privileged because of their socio-economic background back in Afghanistan, thanks to their education and social networks. Lucky, because, thanks to their privileged position, and their interaction with western organizations, they were able to find ways to be evacuated when the Taliban took over.

Unfortunately, the vast majority of the Afghan population did not have these opportunities. Most are still trapped in a country where, since the Taliban took over, the economy has been in free fall, with nearly 20 million people projected to be acutely food-insecure between November 2022 and March 2023.  A country where public executions recently resumed and women, after having banned from schools, and from most fields of employment, were recently banned from parks and gyms.  Security, while improved since the Taliban first took over, remains a major cause for concern for the people of Afghanistan, especially for ethnic minorities.

While others have managed to leave the country, their ordeal is far from over. Many of them fled to Iran and Pakistan, where they are trapped in legal precarity – overstaying or not holding a visa, and therefore subject to state action, unable to move onward, and unwilling to return for fear of death. Others have embarked on dangerous irregular journeys to find protection, reach their families, or looking for better prospects, in Europe. During their journeys, they are exposed to all sorts of rights violations, often proving fatal, including at the doors of the EU.

As such, as we read the stories of the four individuals we followed, we should also keep in mind the fate of all the others. But their stories should also serve as a reminder of what can be possible, if there is the political will and framework to not only provide protection to those in need, but also provide the conditions for people to thrive again and be in charge of their own future, after having had to flee their home countries.

Note: Participants represent different ethnicities, religions, genders and age groups. Personal information has been treated with strict confidentiality and the names and other personal information of the respondents were altered to protect their identity.

Here are their stories:

Abdul is Sunni and Tajik. He is 35 years old and comes from Mazar e Sharif. He’s married, has four children, and worked for the government in Kabul. He flew to Italy alone on 24 August 2021. MMC was not able to get in touch with Abdul for the second and third round of interviews.

 


“Troveremo un modo”: storie di rifugiati afghani dopo l’arrivo in Europa

Pubblichiamo oggi la terza e ultima puntata delle storie di quattro donne e uomini afghani che il Mixed Migration Centre (MMC) segue dalla loro evacuazione dall’Afghanistan all’Italia nell’agosto del 2021, in seguito alla presa di potere dei talebani.

L’obiettivo di questa serie è stato quello di puntare i riflettori sugli afghani, per meglio comprendere e condividere i loro percorsi, le loro esperienze di accesso all’asilo o ad altre forme di protezione umanitaria, le percezioni, le sfide e le opportunità nei loro percorsi di integrazione socio-economica nei paesi di asilo, nonché le loro aspirazioni e intenzioni future. Il primo ciclo di interviste è stato condotto tra ottobre e novembre 2021 e il secondo tra marzo e aprile 2022. In questo articolo presentiamo l’ultimo ciclo di interviste, con quattro dei cinque intervistati iniziali, condotto tra augusto e settembre 2022. Nel frattempo, uno dei quattro intervistati si è trasferito in Germania.

Dopo un anno, è chiaro che le persone che abbiamo seguito sono storie di successo: ci sono voluti determinazione, forza, impegno e anche molto spirito di adattamento e flessibilità, ma a poco più di un anno dalla partenza dall’Afghanistan tutti sono riusciti a intraprendere un solido percorso di ricostruzione delle loro vite, il che è sicuramente degno di nota. Tutti hanno ricevuto sostegno dalle autorità e dalle istituzioni governative e hanno riconosciuto che nulla di ciò che hanno realizzato sarebbe stato possibile senza questo aiuto. In misura diversa, tutti i partecipanti si sono sentiti accolti in Europa e alcuni descrivono già di sentirsi parte delle società che li ospitano. Le loro storie sono esempi di come, quando si creano le condizioni giuste, i rifugiati possano cambiare la loro sorte rapidamente, da vulnerabili richiedenti asilo ad attori del proprio futuro.

Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere che le persone che abbiamo seguito nell’ultimo anno sono relativamente fortunate rispetto alla maggior parte degli altri afghani, e sicuramente tra i più privilegiati tra coloro che sono fuggiti. Privilegiati per il loro background socio-economico in Afghanistan, grazie alla loro istruzione e alle loro reti sociali. Fortunati perché, grazie alla loro posizione privilegiata e alle loro interazioni con organizzazioni occidentali, hanno potuto trovare il modo di essere evacuati quando i Talebani hanno preso il potere.

Purtroppo, la stragrande maggioranza della popolazione afghana non ha avuto queste opportunità. La maggior parte è ancora intrappolata in un paese in cui, da quando i Talebani hanno preso il potere, l’economia è in caduta libera, con quasi 20 milioni di persone che, secondo le proiezioni, soffriranno di grave insicurezza alimentare tra novembre 2022 e marzo 2023. Un paese in cui sono recentemente riprese le esecuzioni pubbliche  e le donne, dopo essere state bandite dalle scuole e dalla maggior parte dei settori lavorativi, sono state recentemente bandite da parchi e palestre.  La sicurezza, pur essendo migliorata dalla presa di potere dei Talebani, rimane estremamente precaria , soprattutto per le minoranze etniche.

Altri afghani sono riusciti a lasciare il paese, ma il loro calvario è tutt’altro che finito. Molti di loro sono fuggiti in Iran e in Pakistan, dove sono intrappolati in un limbo giuridico – essendo rimasti oltre alla scadenza del visto o senza averne uno, e quindi costretti a vivere ai margini della società o essere deportati, senza la possibilità di proseguire regolarmente il loro viaggio ma non disposti  a tornare in Afghanistan, dove la loro vita sarebbe a rischio. Altri hanno intrapreso pericolosi viaggi irregolari verso l’Europa, per trovare protezione, raggiungere le loro famiglie o cercare migliori prospettive. Durante il viaggio, sono esposti a ogni sorta di violazione dei diritti, spesso fatali, incluso alle porte dell’Unione Europea.

Per questo motivo, leggendo le storie dei quattro individui che abbiamo seguito, dovremmo sempre tenere a mente il destino di tutti gli altri Afghani, le cui vite sono ben lungi da potere ripartire. Allo stesso tempo però le loro storie dovrebbero anche aiutarci a capire come, quando c’è la volontà politica e si crea il quadro di riferimento necessario, non solo per fornire protezione ma anche per creare le condizioni per far sì che le persone possano ridiventare rapidamente agenti del proprio futuro, si possono ottenere successi straordinari.

Nota: i partecipanti rappresentano diverse etnie, religioni, generi e gruppi di età. Le informazioni personali sono state trattate con la massima riservatezza e i nomi e le altre informazioni personali degli intervistati sono stati modificati per proteggere la loro identità.

Queste sono le loro storie finora raccolte:

Abdul è Sunni and Tajik. Ha 35 anni e viene da Mazar e Sharif. È sposato, ha quattro bambini, e lavorava per il governo a Kabul. È fuggito in Italia da solo il 24 Agosto 2021. MMC non è stato in grado di contattarlo per il secondo e terzo round di interviste.